Rivolta operaia a Berlino Est (17 giugno 1953)

La sinistra italiana è sempre stata una galassia di posizioni diverse e questa è, per molti, una sua debolezza. Di certo non lo è quando uno dei suoi attori, e per di più un attore egemone, cerca di mascherare il proprio imbarazzo di fronte ad avvenimenti cruciali, come la rivolta operaia di Berlino Est del 1953.

Il ciclo «Percorsi storici» ha più volte messo al centro dell’attenzione il PCI. Questa volta lo facciamo con l’occhio degli eretici (da destra e da sinistra) che si opposero a quel silenzio e diedero risonanza, in Italia, alla repressione del primo grande momento di dissenso esplicito all’interno del blocco sovietico.

Iosif Stalin (1878-1953)

La mattina del 16 giugno 1953 gli operai edili di Berlino Est si opposero, compatti, all’aumento delle norme di lavoro deciso dal regime della Germania Est (DDR), segnando l’inizio di un vasto moto di protesta che avrebbe coinvolto – nel giro di poche ore – anche altri strati della popolazione. Come in altri ben più noti e studiati casi (Budapest ’56, Praga ’68), i carri armati russi non si fecero attendere, reprimendo nel sangue quello che molti ritengono essere il primo grande momento di dissenso di massa interno al blocco sovietico.
Da noi, dentro e fuori le università, questo episodio è largamente sottovalutato, così come è stato largamente assente dal dibattito pubblico di allora.
Perché?

Teresa Malice – giovane studiosa di storia e giornalista – parte proprio da questo interrogativo nel suo documentatissimo lavoro di tesi.

Nella ricostruzione, infatti, si è servita prevalentemente della letteratura disponibile in lingua tedesca per poi analizzarne – soprattutto tramite la stampa quotidiana, di partito e non – le “ricadute” di questo evento nel campo della sinistra italiana. L’attenzione non è dunque rivolta solo al fortissimo PCI e al suo alleato subalterno PSI – che d’altronde parlarono il meno possibile della cosa, sia pubblicamente, sia ai vertici – ma anche e soprattutto a quei gruppi e movimenti politici minoritari e marginali, estremamente diversi tra loro, accomunati però da una lettura dei fatti alternativa a quella dominante. È il caso sia delle analisi in chiave operaista di «Socialisme ou Barbarie», arrivate in Italia grazie a intellettuali come Raniero Panzieri e Danilo Montaldi; sia degli anti-stalinisti “da destra”, cioè del piccolo PSDI di Saragat o dei cosiddetti Magnacucchi.

Nel potente confronto con quanto accaduto a Budapest nel 1956, proveremo quindi ad analizzare quali complesse dinamiche e delicati equilibri di potere erano in atto appena tre anni prima, tanto da determinare, sul lungo periodo, la versa e propria rimozione della memoria di questo importante evento.

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